Dialogo con Paolo Colombo, EMEA Marketing Manager di ANSYS

Novembre 5, 2015

“Le possibilità di generare business, migliorare ed ottimizzare prodotti e servizi, risparmiare energia e risorse sono enormi, perché l’Internet of Things ci offre una serie di opportunità nuove per differenziare e personalizzare gli oggetti e aggiungere servizi intelligenti”. Parola di Paolo Colombo, EMEA Marketing Manager di ANSYS, tra i protagonisti della tavola rotonda “Internet of things: trend, opportunità e potenzialità concrete per l’industria” che si è tenuta in BBS. Con lui abbiamo parlato a margine dell’evento.

Che cos’è l’internet delle cose (IoT)?

I prodotti odierni hanno la possibilità di raccogliere dati tramite sensori integrati e trasmetterli attraverso antenne, sfruttando la rete come collegamento. Ecco, in estrema sintesi, l’Internet delle Cose, dove gli oggetti, in virtù dei dati che si scambiano, possono agire, prendere decisioni, gestire informazioni. Le implicazioni sono molteplici. I dispositivi diventano più complessi (con la necessità di gestire elettronica e software anche in prodotti che prima erano di pura meccanica); la mole di dati raccolti, gestiti e trasferiti diventa enorme; gli oggetti interagiscono con il mondo esterno e acquisiscono la capacità di prendere decisioni autonome in base alle informazioni che essi stessi raccolgono da sensori interni o tramite il collegamento con altri oggetti e database; gli oggetti possono imparare, raccogliendo ed analizzando i dati relativi al loro uso, modificandosi per diventare “nostri”, con una personalizzazione unica. Tutto ciò ci permetterà di costruire auto che guidano da sole nel traffico, macchine industriali che riescono a prevedere quando si guasteranno e richiedono autonomamente l’intervento di manutenzione, vestiti che monitorano il nostro stato di salute e aggiornano il nostro medico o chiamano un’ambulanza se ci sentiamo male, tabelloni pubblicitari che reagiscono a stimoli esterni. Uso il futuro, ma di fatto molti di questi dispositivi già esistono.

Come cambieranno la nostra economia e le nostre vite?

Considerando che il numero dei dispositivi connessi aumenta esponenzialmente (si parla di decine di miliardi nel 2020, ma già oggi sono tantissimi), l’impatto sulla vita e sull’economia dovrebbe già essere evidente. IoT è un trend che, si prevede, muoverà centinaia di miliardi di euro (e che già oggi in Italia vale 1% del PIL). Avremo auto che riconosceranno quale membro della famiglia si mette alla guida e adatteranno di conseguenza la posizione di specchietti e sedili. E avremo il riscaldamento di casa che impara le abitudini della famiglia e ottimizza i consumi energetici. La nostra vita? Da una parte ci saranno possibilità che oggi non riusciamo neanche ad immaginare, dall’altra si apre sicuramente un tema etico e normativo complesso, sulla gestione e la raccolta dei dati, accanto al tema sociologico della convivenza tra uomo e macchina e della loro mutata interazione.

Qual è il ruolo delle tecnologie di simulazione e progettazione nel contesto dell’Internet of Things?

Abbiamo parlato di prodotti che diventano sempre più complessi, quindi nasce spontanea la necessità di gestire la complessità e ridurre i rischi che questa porta nella progettazione di un prodotto. Elettronica significa emissioni elettromagnetiche, che possono creare interferenze e che devono essere tarate per un uso intensivo dove l’uomo è esposto costantemente (dispositivi indossabili o impiantati sono l’esempio più lampante). La miniaturizzazione rende impegnativo inserire in uno stesso device molti sensori ed antenne (in un cellulare ce ne sono di media almeno 3). L’elettronica è sempre più presente ma per questioni di portabilità e sostenibilità deve consumare meno energia. I software che governano i meccanismi e prendono le decisioni (e la vostra auto attuale potrebbe già contenere decine di milioni di linee di codice) devono essere altamente affidabili (soprattutto se affidiamo loro il controllo di sistemi come i freni dell’auto), validati e certificati. La simulazione numerica permette di avere a disposizione un laboratorio virtuale dove è possibile testare un prodotto addirittura prima di costruire prototipi fisici. Dato che l’ambiente è virtuale, si possono valutare centinaia o migliaia di ipotesi con investimenti e in tempi che sono infinitesimi rispetto a quello che si farebbe nel mondo fisico, ma con una precisione molto elevata. Questo è importante quando si tratta di IoT: ottimizzazione spinta dei consumi energetici, posizionamento corretto di antenne e sensori, generazione e test automatico del software sono solo alcuni degli obiettivi che si possono raggiungere grazie alla simulazione.

Come si attrezza una multinazionale come Ansys per anticipare le nuove esigenze dei mercati stimolate da una evoluzione tecnologica rapidissima?

I fattori sono molteplici. Il primo è sicuramente una elevata attenzione per i trend emergenti nell’innovazione di prodotto e processo. E’ così che abbiamo visto, già nel 2008, l’avanzare dell’ IoT e abbiamo integrato nella nostra piattaforma di simulazione strumenti in grado di supportare la progettazione di antenne, sensori, batterie, software embedded, interfacce uomo/macchina. Parliamo con i nostri clienti, siamo al centro di un network mondiale che ci permette di incontrare i vertici dei colossi tecnologici, i visionari, le università e i centri ricerca più importanti al mondo. Accanto ai grandi, diamo attenzione alle PMI, aiutando oltre 45.000 aziende a sviluppare i nuovi prodotti: abbiamo quindi un osservatorio privilegiato sull’innovazione per capire in quale direzione il mondo si sta muovendo.  Significa molto. La conseguenza è che investiamo il 20% del fatturato in ricerca e alla funzione R&D dedichiamo il 30% del personale dell’azienda, impegnato a far evolvere la piattaforma ed integrare le soluzioni delle aziende che continuamente acquisiamo.

Per diversi anni lei ha insegnato nelle Università in Francia, Gran Bretagna e Italia. Qual è il ruolo delle università e delle Business School nel formare persone preparate a creare innovazione?

Il ruolo dell’università è fondamentale, tanto che diamo agli studenti in tutto il mondo la possibilità di scaricare gratuitamente i nostri software e lavoriamo con diversi atenei per organizzare momenti formativi a loro dedicati. Gli ingegneri cambiano il mondo, ma la direzione e la visione arriva da una classe di manager che deve essere preparata a vedere le opportunità, a capire come mettere lo strumento tecnologico al servizio dell’innovazione concreta. Per questo collaboriamo con BBS in eventi come I mercoledì dell’innovazione o alla creazione di giornate come Innovare per Competere: ci servono momenti pratici, di confronto con gli imprenditori. Ci servono i manager che raccontano agli studenti e agli altri manager. Ci serve poter fare rete, gestire le informazioni per poter comprendere ed anticipare i trend. Le Business School diventano così aggregatori, posti in cui si lavora in aula ma anche e spesso con le aziende. Sono questi i luoghi che davvero danno valore e in cui si formano persone aperte all’innovazione continua.

Quale consiglio darebbe a uno studente che vuole lavorare nel settore delle Internet of Things?

Da una parte ci sono professioni che assumono una nuova importanza: tutti questi dati sono inutili se non diventano informazioni e quindi l’analista diventa una figura chiave. Dall’altra ci sono opportunità inesplorate, che probabilmente a noi non nativi digitali ancora sfuggono: può essere il momento buono per esplorare a fondo questo trend e portare in azienda idee nuove e rivoluzionarie… o aprire una nuova azienda.

 


 

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