Dialoghi. Gian Luca Branca

Giugno 5, 2019

Gian Luca Branca, CEO di KUKA Roboter Italia, è stato ospite dell’appuntamento conclusivo con la Spring Edition degli Innovation Talks 2019. In occasione del suo speech Orange Intelligenz: la visione di KUKA per il futuro dell’automazione, dedicato al futuro dell’Industry 4.0, Gian Luca Branca ha condiviso in questa intervista inedita la sua visione su IoT e robotica collaborativa.

 

KUKA è da sempre un’azienda avanguardista. Nasce nel 1898 come azienda che produce gas per l’illuminazione della città, introduce poi la saldatura autogena. Nel processo di crescita arriva a progettare e produrre veicolo per la raccolta della immondizia, crea la macchina per scrivere portatile. Sviluppa poi il FAMULUS: primo robot industriale al mondo con sei assi ad azionamento elettromeccanico e introduce poi recentemente una nuova generazione di robot: con l’LBR iiwa, infatti, KUKA presenta il primo robot industriale collaborativo. Con una storia così ricca di innovazioni, qual è stata l’innovazione più significativa per l’azienda che ha portato KUKA a decidere di occuparsi di robotica?

Il percorso di KUKA, sviluppatosi in questi ultimi 120 anni, è l’esempio di evoluzione di un gruppo di persone che lavorano insieme e che si adattano all’ambiente circostante. Esempio di un organismo che assume una direzione evolutrice in base alle sollecitazioni che arrivano dal mercato e dalla società.
KUKA è stata fondata dai due soci, Keller e Knappich, ed è nata come azienda produttrice di gas per l’illuminazione della città, e successivamente si è passati alla saldatura. Nel frattempo è nata l’industria dell’automobile e da lì in poi ci si è posti il problema di creare un numero elevato di prodotti in grandi quantità e qualità, e dunque, la necessità di creare processi e attrezzature che aiutassero la produzione.

L’automobile ha rappresentato un po’ il cambio di paradigma di tutta la mobilità umana. Da lì a qualche anno, quando si sono rese disponibili sempre più tecnologie e la scienza è diventata scienza applicata, sono comparse le prime macchine che assomigliavano a dei robot, quindi dei macchinari che realizzavano cicli produttivi definiti, in maniera autodiretta e che aiutavano l’uomo a svolgere dei compiti complessi e pericolosi. Quindi, possiamo affermare che la robotica è nata come ausilio necessario alla produzione.

Negli anni ’60 e ’70 tutte queste tecnologie hanno contribuito a creare in KUKA il primo robot “FAMULUS“, che ancora oggi è esposto presso la sede di Augsburg, e sembra oggi una macchina molto antiquata confrontandola con i prodotti moderni. È questo il momento in cui l’azienda decide di non occuparsi più delle vecchie produzioni e di concentrarsi sul “nuovo”. Così siamo diventati leader nell’ambito dell’automazione e della robotica e di tutte le tecnologie e i processi che oggi trovano la loro collocazione sotto il nome di Industria 4.0.

 

Oggigiorno, ogni azienda tende a dotarsi di tecnologie avanzate che rispondono prontamente alle esigenze del mercato, e si sente sempre più spesso parlare di robot, Smart Factory e industria 4.0 come condicio sine qua non per i moderni sistemi produttivi. Se ipotizziamo un futuro dove la tecnologia robotica sarà accessibile a tutti, come è successo in un certo senso con i computer, su quale piano si giocherà secondo lei il vantaggio competitivo delle aziende di domani? Quale sarebbe, a questo punto, la differenza tra un’azienda e un’altra?

La differenza la fa sempre l’uomo. L’unica cosa che non si può copiare è la capacità dell’uomo di lavorare insieme a seconda di una direttrice di evoluzione che ci consente di restare sul mercato e dare aiuto ai nostri clienti. Quindi, avere un’intelligenza collettiva tale per cui si capiscano le esigenze del mercato, le rileviamo, le monitoriamo e le mettiamo in opera cercando di trasferirle al cliente come valore.

Nel nostro ambito parliamo di Industria 4.0, quindi di una connessione molto avanzata di tutto quello che c’è in fabbrica e che ci consente, tra l’altro, di utilizzare algoritmi di Intelligenza Artificiale per migliorare i processi e anticipare i problemi. L’Intelligenza Artificiale ci consente inoltre di creare dei modelli virtualizzati della fabbrica, che, attraverso la raccolta di dati dal campo, possiamo anticipare le informazioni di gestione alle persone che poi le dovranno gestire, mettendole così nelle condizioni di ottimizzare i processi e rendere le merci disponibili sul mercato con costi inferiori ed una qualità più alta. Tutto questo viene oggi chiamato Industria 4.0, ma in realtà è un coacervo di mezzi e tecnologie che diventa difficile sintetizzare con una sola frase.

 

Secondo KUKA il punto focale della fabbrica del futuro è l’uomo, con il robot quale componente determinante. Tuttavia, si avverte il timore che l’innovazione, coadiuvata dall’Intelligenza Artificiale, si muova verso una direzione in cui i robot saranno sempre più autonomi. Vi è la paura che vi sia un’inversione, che si venga soggiogati dai robot, in quanto ci muoviamo sempre più verso una robotica collaborativa e si teme di arrivare al punto in cui l’uomo possa sparire. Lei cosa ne pensa a riguardo?

Se dovesse avverarsi questo scenario catastrofico in cui i robot faranno tutto al nostro posto, ci sarebbe un grosso problema di fondo, perché sostanzialmente non avremmo più nessuno per cui produrre. Se dovessimo imboccare questa strada, sono sicuro che scatterebbe comunque un meccanismo di correzione economico e sociale.
In realtà le cose non si stanno davvero muovendo in questa direzione. Dobbiamo ricordarci di quando uscì Excel negli anni ’90 nessuno allora temeva che il lavoro della segretaria potesse diventare inutile. Invece, se andiamo a vedere, notiamo che la segretaria è diventata un’assistente, che oggi si serve anche di nuovi strumenti di lavoro, come può essere proprio quello di Excel, ma ha alzato il livello della sua professionalità. Gradualmente, le persone si adattano ai nuovi processi e viceversa.

Oggi un robot fa delle attività che sono per l’uomo impossibili o pericolose, basti pensare alle attività di una fonderia. La robotica pertanto non toglie lavoro, anzi protegge e salva vite poiché rappresenta un miglioramento della condizione lavorativa. È comunque chiaro che per far convivere bene l’uomo con la macchina, ci vorrà una crescente e costante formazione delle persone in modo che loro possano svolgere dei compiti diversi e più complessi rispetto a quelli che li impegnano oggi. Contrariamente a quanto si pensa, al crescere dell’automazione diminuisce il tasso di disoccupazione, perché si verificano eventi controintuitivi come, ad esempio, quelli di riportare nel Paese delle produzioni che si erano esportate per motivi di costo.

Un conto, però, è la robotica e un conto è l’Intelligenza Artificiale, due concetti spesso confusi ed erroneamente collegati. Nella robotica ad esempio, l’Intelligenza Artificiale viene utilizzata per facilitare la guida dei robot con dei meccanismi che facilitano la comprensione dell’immagine che il robot ha davanti, rendendogli così possibili attività di manipolazione e movimento più autonome. Bisogna essere comunque bilanciati nello sviluppo delle applicazioni. Come tutte le innovazioni ad alto potenziale, l’Intelligenza Artificiale può essere utilizzate bene o male, ma questo dipenderà sempre dall’uomo.

 

L’Italia è spesso considerata come fanalino di coda nell’implementazione delle nuove tecnologie, sebbene casa di molte aziende leader a livello internazionale nei settori dell’IoT, dell’innovazione tecnologica e dell’automotive. Questi ambiti attraggono numerosi studenti, dall’Italia e dall’estero, ma sembra esserci ancora molta strada da fare per diventare un vero e proprio polo di attrazione a livello internazionale per i talenti del futuro. Lei come vede l’Italia adesso e quali sono le possibilità di sviluppo?

Noi italiani siamo già importanti in questo settore, più di quanto siamo capaci a comunicare nei media. Nell’ambito dell’automazione siamo tra i 4 Paesi più importanti al mondo, subito dopo la Germania, la Corea e il Giappone. La struttura industriale dell’Italia è fatta di tante piccole aziende fondate da inventori e innovatori, che nel loro settore verticale hanno sviluppato prodotti di eccellenza, esportati per l’80% della loro produzione.

Nel settore dell’automazione, infatti, la robotica è cresciuta ininterrottamente dal 2010. Dopo la crisi finanziaria del 2009, il tasso di crescita del settore ha continuato a crescere a due cifre. Questo vale in particolare per l’Italia, poiché rappresenta un HUB di distribuzione di automazione nel mondo e quindi beneficiamo non solo del consumo interno, ma anche dell’attività di questi integratori di aziende di automazione industriale che esportano in tutto il mondo.

La scuola italiana, inoltre, è tra le migliori al mondo, ma quello che davvero ancora manca è il collegamento tra Università e Industria. A livello di competenza chi esce con una Laurea Magistrale in Italia vale molto di più che negli altri Paesi di lingua anglosassone. Non ci sappiamo raccontare bene.

 

Viviamo in una società che, fortunatamente, sta sempre più comprendendo l’importanza della sostenibilità. A volte sostenibilità e tecnologia vanno di pari passo, altre volte, invece, sono antipodi, in quanto più sviluppo industriale crea, poi, problemi all’ecosistema. Il dibattito sulla sostenibilità è entrato anche in KUKA? In che modo un’azienda che si occupa di robotica può contribuire alla salvaguardia del pianeta?

Per noi, sostenibilità significa progettare e costruire macchine sempre più efficienti, che consentono di consumare sempre meno risorse energetiche. Si possono infatti evidenziare strategia di funzionamento dei robot o dei componenti, capaci di minimizzare o comunque rendere inferiore a quello che era un tempo il consumo dell’energia.

Da un punto di vista più allargato l’utilizzo del robot, che va a sostituire l’uomo nei lavori più pericolosi, garantisce la continuità delle operazioni, tramite un processo sicuro di sostenibilità ad un gruppo di persone che lavorano. Sostenibilità vuol dire anche qualità. Si devono possibilmente usare componenti che non inquinano e che si possano riutilizzare: attualmente c’è un buon mercato dell’usato nella robotica, quindi un riciclo dei robot “anziani” che rimangono nel circuito di produzione e di riciclo della macchina usata.

 

Qui in Bologna Business School si formano Manager che saranno chiamati ad intercettare l’innovazione e ad implementarla nelle aziende in cui opereranno. C’è un consiglio che si sente di dare ai giovani che si affacciano a questo mondo, che arrivano da background diversi ma decidono di occuparsi di innovazione e tecnologia?

Il mio consiglio è quello di lavorare mano nella mano con i loro colleghi. È importante specializzarsi verticalmente, ma quando si lavora in azienda c’è bisogno di allargare il proprio spettro di influenza ed essere idealmente come rappresentato dall’Uomo Vitruviano, con le giuste proporzioni : oltre alla competenza verticale è necessaria anche la comprensione di tutto quello c’è intorno in maniera orizzontale per trovare un linguaggio comune con i colleghi, che consenta di capirsi e di lavorare insieme. Solo con l’intelligenza collettiva si ottiene un livello superiore di consapevolezza dell’azienda e si affrontano i problemi in tempo reale e in modo efficace.

Questo è quello che cerco di fare anche con i miei colleghi. Un ottimo investimento di tempo e risorse, che ci sta dando tante soddisfazioni.

 

Gian Luca Branca – 20 maggio 2019, Villa Guastavillani, Bologna



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