Giovanna Bevilacqua, alumna dell’Executive MBA – English Edition di Bologna Business School, racconta come è nata Unlimitme e perché per affrontare la fatica – nello sport come nel business – serve allenare prima la testa che le gambe.
Ci sono momenti in cui cambiare rotta non è solo un’opzione, ma una necessità. Per Giovanna Bevilacqua quel momento è arrivato dopo anni di carriera nel product management, quando ha deciso di lasciare un lavoro a tempo indeterminato per fondare una startup. Il settore? Quello dell’endurance training, vissuto in prima persona e riletto attraverso le lenti dell’innovazione digitale. Oggi è co-founder e CEO di Unlimitme, una piattaforma sport-tech che punta a rivoluzionare l’allenamento di lunga durata, partendo da un principio semplice: la performance non si misura solo in dati, ma si costruisce ogni giorno con equilibrio, ascolto e consapevolezza.
Tutto è iniziato da una miscela esplosiva di frustrazione e caffeina, tipica di una generazione abituata a fare multitasking con 15 app aperte, coltivare carriere ibride e distribuire crisi esistenziali lungo la settimana. A un certo punto ho capito che non volevo più restare incastrata in ruoli che non mi rappresentavano. Ho lasciato un lavoro sicuro, pubblico e a tempo indeterminato per costruire qualcosa di mio.
È nata così Unlimitme: un progetto autofinanziato che mi costringe ogni giorno a calibrare energie e risorse con creatività chirurgica. Non è stato facile, oggi sono co-founder, consulente, strategist e aspirante trail runner. Ma questa molteplicità mi permette di restare libera e di dare respiro al progetto, senza dipendere solo dai fondi.
L’Executive MBA è stato fondamentale: mi ha dato strumenti e lucidità, mi ha aiutata a riconoscere il mio valore. Senza, probabilmente avrei mollato al primo “no”.
È stato un punto di svolta. Mi ha restituito la versione ambiziosa di me stessa che si era persa nel tempo. Il primo vero cambiamento è stato nel mindset: ho imparato a scomporre la complessità, costruire scenari, cercare chi ha competenze che a me mancano. È merito dei contenuti – strategia, accounting, marketing – ma soprattutto del metodo: casi concreti, simulazioni, lavori di gruppo e deadline da batticuore. E poi il contesto: lavorare fianco a fianco con persone di background, nazionalità e attitudini diverse mi ha insegnato a collaborare in condizioni difficili.
Se riesci a progettare una startup fintech in un team che non parla la stessa lingua, puoi affrontare anche il lancio di una vera startup. L’International Week in Silicon Valley mi ha lasciato un messaggio chiaro: il talento è ovunque, le opportunità no. Per questo bisogna allenarsi ad apprendere e adattarsi. Anche quando il sentiero non esiste ancora.
L’endurance è ancora il cugino dimenticato del fitness digitale. Parliamo di persone tra i 35 e i 60 anni che ritornano alla competizione con approccio quasi spirituale. Ma nessuna piattaforma attuale offre un approccio davvero olistico. Strava o TrainingPeaks sono eccezionali nel tracciare dati, ma se stai correndo da 7 ore sotto la pioggia, non ti serve solo sapere quanti watt hai generato: ti serve aver allenato la mente, il metabolismo, la resilienza. L’AI può fare la differenza, ma va usata con intelligenza: non per sostituire gli esperti, ma per potenziarli, personalizzare le esperienze, integrare dati e offrire micro-decisioni quotidiane. Vogliamo superare la logica dei cluster, e parlare a ogni atleta come individuo. Perché l’algoritmo non ti salverà al trentesimo chilometro, ma può aiutarti a non arrivarci già in crisi. La sfida oggi è proprio questa: combinare tecnologia e umanità.
Molti iniziano pensando che l’EMBA sia quella riga “fancy” sul CV che apre magicamente tutte le porte. Poi arrivano le 200 slide di accounting a mezzanotte e i project work la domenica. Se lo fai per “fare carriera” rischi di restare deluso. Ma se lo fai per crescere, allora sì: è un acceleratore straordinario. Ti insegna a pensare da leader, a disegnare rotte invece che seguirle. Ti dà un nuovo linguaggio, ti allena a ragionare in termini di visione e impatto. E soprattutto ti mette davanti a te stesso, senza alibi. E poi ci sono le persone: sconosciuti che diventano mentori, colleghi che diventano amici.
Il vero valore dell’EMBA è nella rete che continua a sostenerti anche dopo. Se aspetti il “momento giusto” per iniziare, sappi che non arriverà. Va creato. E il momento è adesso.