Il 12 novembre 2025, in Villa Guastavillani, Bologna Business School ha ospitato “Crossing Cultures, Meeting Talents. Pratiche per l’attrazione e la valorizzazione dei talenti internazionali in impresa”, un incontro pensato per riflettere su come imprese, istituzioni e mondo accademico possano collaborare per rendere il territorio davvero attrattivo per chi studia e lavora oltre i confini geografici e culturali.
Ad aprire la serata sono stati il Dean di BBS, Max Bergami, e Vincenzo Colla, Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna con delega a sviluppo economico, green economy, energia, formazione, università e ricerca. Colla ha ricordato come la regione abbia costruito la propria competitività su prodotti di qualità e su imprese capaci di distinguersi nei mercati di nicchia a livello globale, ma abbia oggi un limite strutturale: la demografia piatta. Da qui la scelta di una legge regionale per l’attrazione e la valorizzazione dei talenti, approvata all’unanimità, che mette al centro il capitale umano, l’investimento nella conoscenza e, in modo molto concreto, il tema dell’abitare: rigenerazione del patrimonio pubblico inutilizzato, nuova offerta di alloggi a canone calmierato, revisione degli affitti brevi e sostegno alle foresterie aziendali.
Il quadro istituzionale si è intrecciato con l’analisi delle pratiche d’impresa. Ulrike Sauerwald, Head of Research and Knowledge Management di Valore D, ha presentato una ricerca sulla multiculturalità come leva competitiva. Nelle aziende italiane, ha spiegato, la diversità culturale è già un dato di fatto, tra prime migrazioni, seconde generazioni, expat e team distribuiti in più paesi, ma spesso è ancora poco visibile nei dati e nei processi. La ricerca mostra sia le difficoltà (lingua, procedure di selezione poco inclusive, episodi di discriminazione), sia le soluzioni: percorsi di selezione in inglese, formazione su linguaggio inclusivo, politiche di onboarding che tengono conto dei bisogni reali delle persone, dal supporto amministrativo all’accesso alla casa.
Gabriele Marzano, Senior Executive – Project Manager della Regione Emilia-Romagna, ha riportato il tema sui numeri della transizione demografica europea: piramide rovesciata, calo dei giovani, aumento degli over 60, difficoltà crescenti nel reperimento di profili qualificati e operai specializzati. In questo contesto, la legge talenti regionale punta su una rete di servizi territoriali dedicati, sul rafforzamento del placement universitario e su sistemi di skills intelligence per allineare formazione e fabbisogni delle imprese. Al centro, un messaggio emerso dal confronto con le parti sociali: la competitività di un territorio non dipende solo da salari e produttività, ma anche dalla sua capacità di essere un luogo bello, accogliente, inclusivo.
Daniele Panzeri, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha spostato lo sguardo sulla dimensione sovranazionale, richiamando l’evoluzione della migrazione da percorso “a senso unico” a mobilità più circolare, fatta di scambi, ritorni e relazioni di lungo periodo. Diversità culturale, in questa prospettiva, non è solo una variabile da gestire, ma un motore di innovazione quando le organizzazioni ne riconoscono il valore e la inseriscono nelle proprie strategie. Panzeri ha raccontato progetti di tirocini internazionali come WYMED, che mettono in relazione università, giovani e imprese su entrambe le sponde del Mediterraneo.
A tessere il filo del dialogo tra questi contributi è stata Daniela Bolzani, Associate Dean for Diversity, Equity and Inclusion di Bologna Business School e moderatrice dell’incontro. A partire dalle sue ricerche su imprenditori e imprenditrici migranti, ha riportato l’attenzione sul fatto che l’attrattività di un territorio passa anche dalla sua bellezza e capacità di accoglienza, non solo dagli indicatori economici. Nel momento di chiusura, ha riportato il discorso “alle persone”: l’evento, ha sottolineato, è stato pensato per chi lavora nelle imprese e per chi ha scelto di formarsi in BBS, in un territorio in cui le politiche pubbliche, da sole, non bastano se non si accompagnano alla disponibilità delle aziende a fare davvero inclusione. Da qui il suo invito diretto alle imprese in sala a collaborare con la scuola nell’identificazione dei talenti e nella costruzione di percorsi concreti di integrazione e multiculturalità nelle organizzazioni.
La parte più potente della serata è arrivata nella parte finale, quando la parola è passata a un gruppo di studenti e studentesse di Bologna Business School, italiani e internazionali, invitati a raccontare in prima persona che cosa significa essere “talenti in mobilità” e quali sono le richieste che vorrebbero rivolgere a imprese e istituzioni.
A rompere il ghiaccio è stata Eleonora, studentessa toscana del Master in Risorse Umane, che ha parlato a nome della comunità degli studenti italiani. Trasferirsi a Bologna, ha raccontato, è stato un passaggio naturale ma profondo: lasciare la provincia per sottrarsi a una definizione rigida di sé e trovare, in BBS, “uno spazio dove il mondo intero si incontra”. Le lingue diverse attorno a un caffè, ogni mattina, diventano per lei un piccolo miracolo quotidiano e la prova concreta che è possibile appartenere a qualcosa che supera i confini.
Il suo intervento ha toccato un punto chiave: sentirsi valorizzati significa essere ascoltati davvero. Non basta riconoscere la presenza di studenti e professionisti con origini diverse, serve comprenderne le storie, i desideri, le aspettative. Eleonora ha richiamato il ruolo dell’università, dei futuri datori di lavoro e della comunità locale nella costruzione di contesti dove la diversità non sia solo tollerata, ma riconosciuta come risorsa. Ha ricordato che “andare via è un privilegio, ma anche una sfida”, soprattutto in un paese dove persistono pregiudizi e chiusure verso ciò che è percepito come “altro”.
Il passaggio più diretto è stato l’appello rivolto ai compagni italiani: sorridere, andare incontro alle persone, ascoltare. In una scuola che offre ogni giorno l’occasione di incontrare punti di vista lontani, ha detto, il primo passo verso l’inclusione è scegliere di non restare tra simili, ma aprirsi al dialogo con chi ha una storia diversa.
Subito dopo, è arrivata la voce del gruppo di studenti internazionali, provenienti da programmi diversi e da paesi di tutto il mondo. Il loro intervento, in inglese, ha raccontato l’esperienza di vivere tra più culture, di costruire una nuova quotidianità in un contesto che spesso richiede di muoversi tra lingue, abitudini e codici sociali differenti. Hanno ricordato quanto possa essere impegnativo trovare un terreno comune – a partire dalla barriera linguistica – e, allo stesso tempo, quanto questo li renda capaci di lavorare in team complessi e di proporre soluzioni nuove.
Il messaggio alle imprese è stato chiaro: i talenti internazionali portano un mindset globale, una sensibilità verso mercati e contesti diversi, una familiarità con tecnologie e modalità di lavoro ibride che possono fare la differenza in organizzazioni orientate all’innovazione. Perché questo potenziale diventi realtà, tuttavia, è necessario che aziende e recruiter imparino a guardare oltre l’accento, oltre l’eventuale incertezza linguistica, oltre lo stereotipo del “profilo perfettamente allineato”.
Nel passaggio dalle relazioni istituzionali alle voci degli studenti si è visto, con chiarezza, che cosa significa davvero “attrarre e valorizzare talenti internazionali”: non solo colmare vuoti demografici o rispondere a fabbisogni di competenze, ma rendere possibile per le persone costruire qui una parte importante della propria vita.
L’incontro di Bologna Business School ha mostrato un territorio che si sta interrogando seriamente su questi temi, mettendo attorno allo stesso tavolo Regione Emilia-Romagna, organizzazioni come Valore D e OIM, imprese e comunità studentesca. Le politiche sull’abitare, le leggi per i talenti, i progetti di migrazione circolare e le ricerche sulla multiculturalità trovano la loro misura finale proprio nelle parole di chi studia oggi in aula e domani entrerà nelle aziende.
La sfida, per il futuro, sarà trasformare queste voci in prassi consolidate: nei processi HR, nei percorsi di carriera, nelle scelte di investimento delle imprese e nelle alleanze tra università e istituzioni. Crossing Cultures, Meeting Talents ha fatto un passo importante in questa direzione, ricordando che i talenti non sono solo competenze da misurare, ma persone che cercano luoghi in cui sentirsi parte di una comunità.