Andrea Zanoni, Paolo Barbieri Maggio 27, 2022 5 min di lettura

HERA

Non è facile per un’impresa a capitale in maggioranza pubblico conciliare finalità sociali, come la circolarità e la sostenibilità, con l’esigenza di remunerare gli azionisti. Per Hera, una multiutilty con sede a Bologna, quotata alla Borsa di Milano,  gruppo che opera nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti, oltre che nella distribuzione di acqua, gas ed elettricità, questa tensione si è accentuata negli ultimi anni con la crescente consapevolezza da parte del pubblico sui temi della sostenibilità ambientale, in particolare sul problema del trattamento della plastica.

Nonostante produca già da oltre 15 anni un rapporto annuale sulla sostenibilità e il tema fosse evidente nell’input costante del CEO, a Hera si sono resi conto che quanto stavano facendo sul fronte ambientale non era sufficiente, anche in seguito al richiamo esplicito da parte di alcuni azionisti pubblici sulla necessità di avere come priorità il benessere delle comunità locali in cui opera. Hera, che ha circa 9mila dipendenti e serve quasi 4 milioni e mezzo di cittadini in 350 Comuni su cinque regioni del Nord e Centro Italia ed è controllata a maggioranza dagli enti locali, ha quindi realizzato che diventava imperativo che anche al di fuori del gruppo tutti comprendessero l’impegno e gli sforzi compiuti sulla sostenibilità. Se necessario, questo risultato doveva essere ottenuto anche con modifiche alla struttura organizzativa in modo che il tema diventasse una parte fondamentale della business strategy. E’ stato quindi acceso un riflettore su un modello di innovazione finora demandata principalmente alla singole business unit, con un dipartimento centrale per l’innovazione che si occupa soprattutto della ricognizione di conoscenze e tecnologie al di fuori del gruppo.

A catalizzare nuove riflessioni e interventi sulla sostenibilità è stato negli ultimi anni il piano d’azione dell’Unione europea sull’economia circolare, approvato nel 2018, e che raccomanda fra l’altro la necessità di aumentare progressivamente l’uso di plastica riciclata per la creazione di nuovi prodotti e migliorare la raccolta differenziata, con l’obiettivo di aumentare i tassi di riciclaggio e ridurre l’uso di discariche. L’azione di Hera su questo fronte ha portato buoni risultati: per esempio la raccolta differenziata è aumentata dal 28 al 62% del totale fra il 2004 e il 2018 con una raccolta pro capite di 410 chilogrammi, contro una media nazionale rispettivamente del 55% e di 272 kg. Il 93% dei rifiuti differenziati viene destinato al riciclaggio. Nel caso della plastica, il 73%.

La gestione dei rifiuti all’interno del gruppo è realizzata dalla controllata Herambiente. Per aumentare poi l’integrazione verticale, nel 2017 Hera ha acquistato Aliplast, uno dei leader europei nel riciclaggio della plastica, che supera il 90% del riciclaggio nei volumi inviati ai suoi impianti e tratta 90mila tonnellate di materiale ogni anno. Con l’acquisizione di Aliplast, Hera ha anche importato un know-how destinato a essere uno strumento decisivo nell’orientare tutto il gruppo verso l’obiettivo dell’economia circolare, superando i limiti organizzativi che possono essere creati da una struttura multidivisionale. La creazione di un progetto innovativo che coinvolga diverse unità può essere la strada per una maggiore integrazione ma soprattutto per mostrare, anche verso l’esterno, una crescente attenzione alla sostenibilità.

Un’iniziativa importante grazie alla quale Hera si è mossa decisamente in questa direzione è stata l’adesione alla fine del 2017 al progetto CE100 della Ellen MacArthur Foundation. Questa fondazione, creata dalla velista inglese Ellen MacArthur con lo scopo di accelerare la transizione verso l’economia circolare, aveva lanciato l’allarme sulla grande quantità di plastica negli oceani, dovuta ai bassi livelli di riciclaggio e riutilizzo. Con l’adesione a questo programma, la spinta da parte dei vertici aziendali a presentare piani per l’economia circolare si è accentuata.

Hera ha raccolto nel 2018, attraverso la differenziata, 100mila tonnellate di materiale plastico, un aumento del 19% sull’anno precedente, e ha cominciato a riflettere sul possibile uso di plastica riciclata insieme a plastica vergine nello sviluppo di nuovi prodotti. Dietro l’impulso di un dirigente con una passata esperienza nel settore della carta e cartone, dove questo metodo è applicato da tempo, si è riflettuto sulla possibilità di impiegare uno strato di plastica riciclata in uno strato intermedio nella produzione di tubi a tre strati, il cui strato più esterno e interno siano invece costituiti di plastica vergine. Tali tubi potrebbero essere impiegati da Hera nella distribuzione dell’acqua, del gas, dei rifiuti liquidi. I tecnici di ciascuna area hanno presentato una serie di obiezioni all’uso di plastica riciclata. Per superare questi ostacoli, Hera ha avviato una collaborazione con un produttore di tubi che ha il know-how necessario e la capacità produttiva e che ha cominciato a sviluppare i primi prototipi in stretto contatto con Hera stessa e Aliplast. I primi studi hanno rivelato tra l’altro che i costi dell’utilizzo di una simile applicazione sarebbero più alti nelle aree urbane che in quelle rurali.

Anche se è ancora in fase sperimentale e ha bisogno di essere maggiormente strutturato e replicabile, il progetto si è rivelato tecnologicamente fattibile, economicamente sostenibile e ha il potenziale di migliorare il profilo della società anche da punto di vista sociale e dell’impegno ambientale.

Articolo tratto da
Hera (A): How circular economy became a pillar of the strategy | Hera (B): an innovation to realize circular economy
Editore
ECCH
Autore
Andrea Zanoni, Paolo Barbieri
Anno
2020
Lingua
Inglese