Modelli green e finanza sostenibile, la nuova sfida per la ripresa

Settembre 9, 2020

“Sono fermamente convinta che la fase di ripartenza post Covid-19 debba essere orientata a ridefinire un modello di sviluppo che sia equo e green”, ha dichiarato in una recente intervista Maria Luisa Parmigiani, Responsabile Sostenibilità presso il Gruppo Unipol ed Executive Director dell’Executive Master in Sustainability and Business Innovation.

A capo per il prossimo triennio del Csr Manager Network, l’associazione che da 14 anni rappresenta le professioni della sostenibilità in Italia, Maria Luisa Parmigiani racconta che “in seguito alla pandemia, dopo una prima fase di preoccupazione per la continuità occupazionale, c’è stato un forte movimento di opinione imprenditoriale sulla necessità di mantenere come priorità aspetti collegati alla finanza sostenibile. Questo significa che il Green New Deal è stato riconfermato come uno degli strumenti fondamentali per il processo di recupero di produttività e per la capacità delle imprese europee. Da questo punto di vista diventa quindi fondamentale per le aziende ripensarsi e proporre progetti in una nuova logica basata sull’innovazione per accedere alle quote messe a disposizione per gli investimenti.

Inoltre, con l’approvazione e la sottoscrizione da parte dell’Europa degli obiettivi di COP21 di Parigi, la Commissione Europea si è trovata nella condizione di dover investire molto di più delle risorse di cui disporrebbe, per raggiungere gli obiettivi di transizione del modello economico. Per questo 4 anni fa ha avviato un percorso che ha portato allo sviluppo di un Sustanaible finance action plan che ha visto concretizzarsi il mese scorso un risultato importante, ovvero l’approvazione della tassonomia. Si tratta del regolamento attraverso cui si definiscono quali investimenti privati possono considerarsi sostenibili perchè concorrono all’obiettivo di mitigazione rispetto al cambiamento climatico.

Sono poi previste altre quattro tematiche di natura ambientale che sarannno man mano aggiornate alla tassonomia, che si delinea quindi come uno strumento fondamentale per cui la finanza definirà i propri investimenti, quindi chi ha i capitali, ma è anche lo strumento attraverso cui le aziende devono fornire informazioni complete ed adeguate per poter accedere ai fondi. É quindi in corso un importante processo di rinnovazione e rendicondizione di quegli indicatori che permettono una valutazione completa.

La sostenibilità è una competenza profondamente tecnica: per questo c’è bisogno di specialisti che sappiano effettivamente declinare dentro l’azienda politiche e strumenti, ma anche che sappiano dotarsi di meccanismi di interazione con gli altri attori del mercato. Occuparsi di sostenibilità è un mestiere sempre più tecnico e specialistico, soprattutto all’interno di questo contesto internazionale: non bastano buoni valori e volontà ma servono skill trasversali e poliedriche. Servono competenze logiche legate alla capacità di scomporre e analizzare i processi, competenze numeriche, un’alta predisposizione al team working e alla leadership per portare a bordo funzioni di organizzazione. Non ultima, la conoscenza della lingua inglese dato che è un ambito internazionale e assolutamente non local.

La consapevolezza delle imprese della necessita che l’innovazione si muova verso la sostenibilità era già un patrimonio pre-covid. La pandemia ha popolarizzato la consapevolezza, che prima era meno diffusa, ora riguarda tutti”.

Autrice: Maria Luisa Parmigiani



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