2024: sfide e opportunità. La visione di Alec Ross

Gennaio 15, 2024

Il 2024 si apre con una serie di sfide e opportunità quasi inedite nel mondo del business, spinte dalla complessa interazione tra geopolitica ed evoluzione tecnologica.

Per comprendere meglio come navigare in questo scenario mutevole e ricco di potenzialità, abbiamo intervistato Alec Ross, Distinguished Adjunct Professor in Bologna Business School ed esperto in materia di politiche tecnologiche. Nella sua analisi, Ross approfondisce le tendenze emergenti e le strategie che le imprese possono adottare per rimanere competitive sfruttando il potenziale delle nuove tecnologie. Con un 2024 che si profila come un anno di grandi cambiamenti, dalla rilevanza crescente della geopolitica mondiale all’accelerazione nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, Ross incoraggia l’Italia ad adattarsi e prosperare in questo nuovo scenario economico.

Quali tendenze emergenti prevede che avranno un impatto significativo sul mondo del business nel 2024? Quali i settori o le tecnologie specifiche maggiormente coinvolte?

Una tendenza emergente che avrà un grandissimo effetto nel 2024 è la Geopolitica: più di 50 paesi nel mondo, per una popolazione totale di oltre 4 miliardi di cittadini, avranno delle elezioni nel 2024, quindi sarà l’anno con più elezioni nella storia. Vale per gli Stati Uniti, l’India, l’Indonesia, il Pakistan, il Sudafrica, il Messico. Ci saranno elezioni quasi ovunque. E il legami tra la geopolitica e l’economia è più forte oggi di quanto non lo sia stato negli ultimi 40 anni. Dobbiamo andare indietro fino agli anni ‘40, durante la Seconda Guerra Mondiale, per trovare un momento in cui la geopolitica è stata più determinante per i risultati economici. Questo accade anche in un contesto in cui assistiamo non solo allo sviluppo di varie tecnologie emergenti, ma anche alla realizzazione concreta di prodotti dei quali si è parlato per anni. Quindi il 2024 sarà un anno molto importante tra Geopolitica e Geoeconomia legata ai nuovi sviluppi tecnologici. 

Come pensa che le imprese italiane possano capitalizzare su queste tendenze globali?

Secondo me questa situazione rappresenta un’opportunità positiva per le aziende italiane. Ci sono 196 Paesi nel mondo e l’Italia è uno dei più amati. Gli americani amano gli italiani e i cinesi amano gli italiani: tutti amano e ammirano gli italiani. Quindi, pur tenendo conto della concorrenza e del dibattito politico sempre molto acceso, poter contare sul brand “Italia” e sulla realtà di essere italiani è positivo, perché si può lavorare e fare business con quasi tutti. L’unico ostacolo può essere la tendenza delle aziende italiane a diventare un po’ troppo conservatrici nei momenti di transizione. Spesso difettano di coraggio e secondo me il 2024 non è l’anno giusto per giocare in difesa: bisogna andare in attacco e conquistare più accessi ai mercati globali. Anche se in Italia trattiamo la politica come una partita di calcio, con le tifoserie e le varie figure politiche assimilate ai giocatori o alle celebrities, sarebbe meglio allentare il conflitto tra sinistra e destra, creare una maggiore unità d’intenti a livello economico e concentrarsi, tenendo conto del fatto che il Governo che c’è ci sarà ancora probabilmente alla fine dell’anno, su come fare business internazionale. Un ulteriore dato da tenere in considerazione per il 2024 è che il fattore geopolitico sarà sempre più fondamentale all’interno di ogni impresa multinazionale. Serve dunque integrare figure con esperienza sulla gestione della geopolitica nel contesto di business oppure trovare i consulenti e formare gli executive su come muoversi in un ambiente geopolitico così dirompente. 

Pensando, in particolare, all’Intelligenza artificiale, in che modo l’evoluzione delle tecnologie digitali influenzerà il panorama aziendale globale nei prossimi anni?

Io non credo che ci sia ancora un singolo settore digitale: in realtà tutti i settori sono digitali. A questo punto la digitalizzazione fa parte di ogni settore. Cominciamo l’anno 2024 con circa 52 miliardi di dispositivi connessi alla rete. Sto parlando dei nostri laptop, dei nostri smartphone, dei sensori nelle catene di approvvigionamento. Dalla fine del 2025, quindi in soli due anni, questo numero crescerà da 52 a 75 miliardi. Se questo numero sta crescendo così tanto non è perché stiamo mettendo più telefonini in tasca, bensì perché stiamo digitalizzando nuovi settori, inclusi quei settori che consideriamo tradizionali. Le spedizioni, ad esempio, o l’industria manifatturiera, la moda, l’agricoltura: tutti sono ormai settori digitali. E dal punto di vista dell’intelligenza artificiale, ogni azienda deve pensare a qual è il ruolo dell’intelligenza artificiale all’interno della singola realtà. Forse per alcune non c’è un’applicazione possibile dell’IA, ma per la maggior parte direi di sì. In agricoltura, per esempio, l’IA può aiutarci a non sprecare risorse come l’acqua, inoltre, possiamo diventare più precisi in quello che facciamo nei campi. Ovviamente l’IA non andrà a sostituire l’essere umano, ma è una amplificazione dell’umano e un elemento di potenziamento delle facoltà dell’uomo. Abbiamo parlato per anni di 5G, ma in realtà solo adesso ne stiamo sentendo i veri effetti e stiamo creando un Internet industriale. Dobbiamo ricordare cos’è esattamente il 5G: con l’1G si può fare una chiamata, con il 2G si può fare una chiamata e realizzare un testo, con il 3G ci possiamo collegare a Internet e utilizzare le app. Il 4G è quello con cui abbiamo maggiore familiarità e questo non è che il 3G con in più la capacità di riprodurre video. La vera innovazione del 5G è la creazione di questo Industrial Internet in cui possiamo attivare dei processi industriali indirizzando queste reti. E siamo finalmente al momento in cui le nostre fabbriche, con la combinazione di varie tecnologie 5G, intelligenza artificiale e cloud, stanno digitalizzato i processi industriali. Per l’Italia questo rappresenta un grandissimo vantaggio e un’opportunità da non perdere, perché in Italia non vinceremo mai dal punto di vista dei costi dal lavoro ma se possiamo innovare all’interno delle nostre fabbriche con l’uso di queste tecnologie possiamo continuare a sviluppare il settore manifatturiero.



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