L’aumento dei costi dell’energia: motivazioni e conseguenze

Maria Alessandra Ancona, Sara Zanni Febbraio 9, 2022 6 min di lettura

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Molte aspettative ruotavano intorno alla COP, ovvero la Conferenza delle Parti, che coinvolgeva istituzioni pubbliche, aziende private, ONG e società civile in un dibattito pubblico sulla crisi climatica. Soprattutto negli ultimi due anni, ogni attore coinvolto si è chiesto quale sarebbe stato l’impatto della crisi COVID-19 sulla gestione della crisi climatica, se avrebbe potenziato gli interventi e la capacità di mobilitare il processo decisionale e i finanziamenti verso questa sfida o, piuttosto, avrebbe fornito la scusa perfetta per fare un passo indietro e ridefinire le priorità. 

Considerando gli aspetti finanziari, la crisi del COVID ci ha insegnato che è ancora possibile mobilitare enormi quantità di risorse in un tempo molto limitato, se la sfida è globale (sono stati trovati migliaia di miliardi di dollari in poche settimane per gestire la crisi finanziaria globale o la pandemia del Covid), quindi possiamo sperare in una risposta simile nei confronti della crisi climatica, definendo una sorta di “piano di emergenza per il pianeta” in stile Marshall per potenziare gli interventi in questo senso. 

I risultati chiave del patto sul clima di Glasgow, discussi nella COP 26, hanno riguardato: (i) la centralità della scienza e dei dati per prendere decisioni, “riaprendo l’accordo di Parigi” per spostare l’obiettivo da 2,0°C a 1,5°C, (ii) il conseguente taglio delle emissioni e l’orizzonte temporale, che si sta avvicinando drammaticamente, (iii) l’impegno a passare al ‘phase out’ dell’energia a carbone invece che al ‘phase down’ e (iv) l’impegno a redigere una roadmap per revisioni più rapide, attraverso nuove COP. 

Per raggiungere questi obiettivi, le fonti rinnovabili sono centrali. Tuttavia, nella percezione delle persone, spesso sono associate a costi elevati sia per gli investimenti che per le bollette energetiche, ma la realtà è diversa. 

In primo luogo, negli ultimi anni i costi di investimento per l’eolico e il solare – le due principali fonti rinnovabili di cui parliamo attualmente – sono diminuiti, diventando economicamente sostenibili anche senza incentivi. Nell’ultimo decennio, infatti, la competitività delle tecnologie del fotovoltaico e dell’eolico per la produzione di energia elettrica è aumentata drasticamente, con una riduzione dei costi associati tra il 50% e l’85%. 

Inoltre, se consideriamo il contesto italiano, esiste ancora una componente di costo per sostenere le rinnovabili nella bolletta elettrica – all’interno degli oneri di sistema – ma questa componente rappresenta una piccola percentuale della spesa totale: ad esempio, nel terzo trimestre del 2021 rappresentava meno dell’11% ed è stata azzerata nell’ultimo trimestre del 2021 dal Governo, proprio per limitare l’effetto su famiglie e attività economiche dell’aumento dei costi energetici. 

Pertanto, il vero aumento dei costi risiede nella componente relativa alla fornitura e alla commercializzazione dell’energia (che di solito rappresenta il 59,2% della bolletta). Questa componente è infatti più che raddoppiata negli ultimi 9 anni, con un aumento di circa il 48% nell’ultimo trimestre del 2021 rispetto al trimestre precedente. E questo non è dovuto alle rinnovabili. 

Al contrario la diffusione delle tecnologie basate sulle fonti rinnovabili permette di diminuire il prezzo di mercato dell’energia elettrica, ad esempio in estate, nelle ore centrali della giornata, quando la sovra-produzione elettrica (quindi l’energia elettrica generata in eccesso rispetto alla domanda di energia elettrica degli utenti) – dovuta in particolare al solare – rende l’acquisto di energia elettrica più conveniente durante il giorno che durante la notte, il che è esattamente il contrario di quello a cui siamo abituati.

Molti Paesi, soprattutto in Europa, non hanno accesso diretto alle riserve di combustibili fossili e sono costretti a importarli. In questo modo, diventano soggetti alle stesse fonti di instabilità dei Paesi in cui si trovano tali riserve. Ciò significa che le decisioni politiche prese all’estero sono in grado di influenzare direttamente il nostro stile di vita e il nostro ambiente economico, in netto contrasto con la necessità di assicurarsi le fonti all’interno di una supply chain resiliente. 

Attualmente stiamo subendo le conseguenze di questo quadro, ad esempio per quanto riguarda il gas naturale – ci sono diverse ragioni alla base dell’aumento dei prezzi, sia dal lato dell’offerta che della domanda. In condizioni normali, i prezzi sono influenzati da tre fattori principali dal lato dell’offerta: la quantità di produzione di gas naturale, a livello internazionale; il livello di gas naturale in stoccaggio; i volumi di importazione ed esportazione di gas naturale. 

Sono tre anche i fattori principali dal lato della domanda che influenzano i prezzi, in condizioni normali: le variazioni del clima invernale ed estivo; il livello di crescita economica/produzione industriale; la disponibilità e i prezzi dei combustibili alternativi. 

L’attuale contesto internazionale vede un boom dei prezzi, una crescente domanda mondiale e un calo della produzione nell’UE. La Russia, che tradizionalmente rappresentava la soluzione a queste condizioni, riforniva l’UE attraverso un gasdotto che passa per l’Ucraina e la Polonia. Attualmente, le forniture di gas sono utilizzate come merce di scambio nella complessa partita giocata sul filo dei diritti umani alle frontiere esterne dell’Unione Europea (https://www.consilium.europa.eu/en/policies/sanctions/restrictive-measures-against-russia-over-ukraine/sanctions-against-russia-explained/), mentre il grande dibattito si è spostato sull’opportunità di fissare un tetto al prezzo del gas a livello europeo. 

In Italia, dove il gas naturale viene importato principalmente da Russia, Algeria, Libia, Paesi Bassi e Norvegia, è previsto un forte aumento dei costi energetici nei prossimi mesi (+29,8% sull’elettricità e +14,4% sul gas rispetto al 2021). Per questo motivo, tra l’altro, il passaggio alle rinnovabili è strategico e urgente: rappresenta, infatti, un investimento che produrrà risparmi sulle forniture nei prossimi decenni. 

Possiamo delineare diversi scenari. 

Se non si interviene – in termini di modalità di produzione dell’energia (e per energia intendo l’elettricità, ma anche e soprattutto il riscaldamento) – nel breve termine la conseguenza più prevedibile è ovviamente un aumento della bolletta per tutti i consumatori di gas naturale, o di energia in generale. Lo stiamo già sperimentando e, nell’industria, questo causerà problemi soprattutto per i settori industriali più energivori. 

Ad esempio, il settore del vetro in Italia consuma 7 milioni di metri cubi di gas naturale ogni anno. Ciò significa che, con l’aumento del costo del gas da 0,23 euro al metro cubo a 0,98 euro al metro cubo, diverse piccole e medie imprese potrebbero essere costrette a chiudere. 

Lo stesso vale per l’industria della ceramica, un settore che in Italia vale 6,5 miliardi di euro, 279 aziende e 27.500 addetti. Basti pensare che l’aumento del prezzo del gas produce 1,4 miliardi di euro di aumento dei costi per questo settore, una cifra assolutamente insostenibile. E naturalmente anche altri settori industriali si trovano nella stessa situazione. 

Inoltre, se continuiamo a utilizzare il gas naturale come fonte principale per la produzione di energia, nel medio-lungo termine dobbiamo aspettarci ulteriori fluttuazioni e instabilità dei prezzi, oltre a possibili future crisi economiche e politiche. 

Tutti questi aspetti rappresentano quindi un problema, ma possono anche essere un volano per il passaggio a fonti energetiche rinnovabili e a combustibili derivati da fonti rinnovabili o, più in generale, a tecnologie più sostenibili che al momento non sono economicamente sostenibili (idrogeno verde o sistemi di stoccaggio innovativi, ad esempio). 

Articolo tratto da
Business 4 Climate Podcast ep. 5 | L’aumento dei costi dell’energia: motivazioni e conseguenze
Editore
BBS
Autore
Sara Zanni, Maria Alessandra Ancona
Anno
2022
Lingua
Inglese