Innovazione nel retail online. Il caso Amazon a BBS

Marzo 12, 2018

A Bellevue, cittadina dello stato americano di Washington, nel lontano 1994 un appena trentenne Jeff Bezos decide di voler far parte di quel mondo ancora sconosciuto ma altamente promettente chiamato e-commerce. Un anno più tardi Amazon.com, un rudimentale sito internet costruito con HTML, propone un vasto assortimento di libri a prezzi contenuti, acquistati nelle librerie della città e poi spediti agli acquirenti dall’ormai iconico garage. Da questi umili inizi all’attuale catalogo di oltre 250 milioni di prodotti e all’indiscusso primato nel retailing online il passo può sembrare breve, ma attraversa 24 anni di sviluppo tecnologico, assidua innovazione, qualche polemica e una completa rivoluzione culturale negli acquisti. Bologna Business School ha dato modo ai propri studenti di avvicinarsi all’universo Amazon con uno sguardo dall’interno, reso possibile da Patrizio Pecunia, Manager di Amazon nel comparto Vendor Services e Consumer Electronics, e Stefano Belletto, Marketing Manager di Amazon Prime Now.

 

Basta un’attenta analisi del logo dell’azienda per capire la filosofia che sostiene le fondamenta del colosso di Seattle. La freccia arancione che parte dalla lettera “A” e punta sulla lettera “Z” sottolinea che acquistando in Amazon si trova di tutto, ma rappresenta anche una stilizzazione della Long Tail, ovvero la strategia di vendita al dettaglio basata su analisi statistiche, per cui si predilige vendere un gran numero di oggetti unici in quantità relativamente piccole, rispetto a vendere un numero esiguo di elementi popolari in grandi quantità. “Per fare la differenza, noi ci affidiamo a questi tre elementi: il prezzo, il vantaggio per il cliente e la selezione. I best-seller mondiali e i top di marca li trovi ovunque, la differenza la fanno gli oggetti introvabili che magari interessano a poche persone, ma che le portano da noi,” spiega Stefano Belletto durante il suo incontro con gli studenti del Master in Gestione d’impresa, nell’ambito del ciclo di appuntamenti MGIncontri.

 

Il nome Amazon evoca però anche la Foresta Amazzonica e il suo complesso ecosistema. Il circolo virtuoso dell’azienda è infatti un microcosmo costantemente proiettato alla crescita, che l’azienda raggiunge abbassando i costi e di conseguenza i prezzi. “Noi ci prodighiamo per offrire al consumatore il prezzo più basso possibile. Molto spesso le aziende fanno esattamente il contrario,” aggiunge ancora Belletto. L’ottima esperienza d’acquisto si traduce poi in un incremento del traffico sul sito, il quale attira sempre più venditori che a loro volta aumentano il numero di prodotti disponibili. Per comprendere il successo di questa strategia basti pensare che nel 2013 nella categoria Elettronica e PC Amazon proponeva 200.000 articoli, per passare a 2 milioni di prodotti in soli 12 mesi. “Il nostro non è un business legato alla compravendita di prodotti, ma un business basato sul supporto che diamo ai nostri partner commerciali. Noi cresciamo insieme alla crescita dei brand che aiutiamo nella loro interazione con il mondo dell’e-commerce,” racconta invece Patrizio Pecunia durante l’incontro con la classe del Master in Marketing and Sales. “Noi non abbiamo un solo cliente, ma ne abbiamo tre: i consumatori, i seller individuali e le aziende. Il nostro compito è creare le condizioni migliori per ognuno di loro.”

 

L’azienda parla ai consumer, ai creativi, ai seller, e alle aziende, ma è molto di più di un intricato sistema di scaffali digitali. Amazon è prima di tutto innovazione, sia nei prodotti che nei processi di vendita e delivery. Nella sua storia non sono mancati i flop, come il Fire Phone, costato tra produzione e commercializzazione circa 170 milioni di dollari. Nonostante ciò, non attendere, bruciare i tempi, amare l’invenzione senza la paura del fallimento e porsi in uno stato di rivoluzione permanente, sembrano essere i tratti distintivi della creatura di Bezos. Dalla produzione di serie TV, come la vincitrice di tre Golden Globe Transparent, ai dash buttons, pensati per riordinare con un click i prodotti di uso quotidiano, Amazon sembra volerci dimostrare che non ci sono limiti alla creatività e che l’e-commerce è molto di più di un’esperienza di acquisto.

 

Una delle peculiarità che meglio caratterizzano Amazon è senza dubbio la velocità, portata talmente all’estremo che è l’azienda stessa a ironizzare sul tema con il video sul futuristico programma Amazon Yesterday Shipping. Se i viaggi tra presente e futuro non sono, per ora, nei piani di Jeff Bezos, l’azienda ha saputo comunque fare della consegna il suo fiore all’occhiello. Dal programma Prime che consente, a fronte di un abbonamento annuale, la ricezione gratuita in pochi giorni dall’acquisto, si è arrivati alla sua evoluzione con Prime Now in alcune grandi città, tra cui Milano in Italia, che garantisce la consegna in poche ore. Lo step successivo sembrano essere i droni Octocopter del servizio Prime Air, capaci di consegnare in un raggio di 20 chilometri fino a 2,5kg (l’85% delle consegne di Amazon) in circa 30 minuti. Attualmente i dubbi riguardano più la sicurezza aerea che la fattibilità tecnica, ma i vantaggi sia per i clienti che per la circolazione urbana fanno presupporre che questo tipo di consegna diventerà consuetudine in un futuro non molto lontano.

 

Si stima che ben il 60% del guadagno totale sulla merce venduta da Amazon sia attribuibile a Prime, va perciò da sé capire che più prodotti sarà possibile acquistare tramite il programma, più i consumatori saranno portati a rinnovare la membership. È altresì vero che alcune esperienze fisiche dei consumatori, come la scelta dei prodotti alimentari, non possono essere riprodotte da un sito internet. La risposta dell’azienda a questo bisogno, pur rimanendo fedele alla propria vocazione per la velocità e la semplicità, è il supermercato sperimentale senza cassa Amazon Go, lanciato nel 2017 a Seattle. Solo il tempo dirà se questo concept potrà piacere ai consumatori ma, appare chiaro dagli ingenti investimenti nel progetto e dall’acquisizione da 13,7 miliardi di dollari della catena di fascia alta Whole Foods, che Amazon mira a diventare un player di primo piano anche nel settore degli alimentari.

 

L’innovazione nei servizi offerti da Amazon passa necessariamente anche dall’organizzazione dei suoi magazzini e del lavoro svolto dalle persone impiegate in essi. I magazzini di Amazon sono labirinti organizzati con uno stoccaggio random, poiché la teoria dei giochi suggerisce che il caos consente una maggiore probabilità per l’operatore di trovare i prodotti ravvicinati tra loro, abbassando allo stesso tempo il numero di errori. L’organizzazione del lavoro imita inoltre il modello sviluppato dalla Toyota negli anni ’80, per cui ogni operaio può fermare l’intera produzione nel caso notasse problemi di qualsiasi genere.

 

Dai dipendenti dell’azienda trapelano spesso opinioni contrastanti riguardanti gli estenuanti cicli lavorativi e le condizioni di particolare pressione e stress. L’ultima controversa questione, nata in casa Amazon e che sta tenendo banco nei media ormai da qualche mese, sono i braccialetti elettronici destinati ai lavoratori nei magazzini. “Si tratta semplicemente di un problema di comunicazione,” spiega Stefano Belletto agli studenti di Bologna Business School che in classe chiedono chiarimenti in proposito. “I braccialetti altro non sono che l’evoluzione del palmare già in dotazione ai dipendenti. Per lasciar loro libere le mani, si è pensato di trasferire le funzionalità di questo strumento di lavoro in un bracciale, nulla di più.”

 

La distribuzione prendendo sempre più il controllo dell’intero processo produttivo, il quale si trova a doversi adeguare ai suoi standard e ai suoi ritmi. Amazon ha sicuramente compreso, e guidato, questa rivoluzione.

 

“Un punto molto importante, che mi preme sottolineare: noi umani ci evolviamo assieme ai nostri strumenti. Cambiamo gli strumenti e gli strumenti cambiano noi: è un ciclo che si ripete.”

– Jeff Bezos



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