La Realtà Aumentata sta trasformando lavoro, impresa e vita quotidiana

Agosto 4, 2017

La Realtà Aumentata (o AR) consiste nella sovrapposizione di un’immagine digitale alla realtà concreta che ci circonda e offre l’opportunità di esperire in maniera più approfondita l’ambiente, grazie alla sovraimpressione di informazioni.

Essa permette di visualizzare, come fosse vera, una realtà fittizia, e agire istantaneamente.

Un ascensore ThyssenKrupp presenta improvvisamente un guasto? I tecnici riparatori possono farsi guidare da esperti, comodamente seduti nei loro uffici, che grazie a un’immagine simulata delle macchine sono in grado di indicare dove intervenire; un ospedale sta progettando la nuova sala operatoria? Tramite l’AR è possibile visualizzare quello spazio in anteprima e figurarsi cosa sia necessario all’interno e come disporre le attrezzature nel modo più funzionale possibile. Sintetizzando questi casi concreti, quello che emerge è un vantaggio quantificabile in termini di risparmio di tempo e ottimizzazione di efficienza: la realtà aumentata permette infatti di visualizzare anzitempo e senza obbligo di effettiva presenza uno spazio o una situazione, per decidere come intervenire al meglio.

Tra le grandi aziende che negli ultimi anni stanno lavorando allo sviluppo di questa tecnologia c’è Microsoft, con i suoi HoloLens, occhialini in grado di proiettare immagini tridimensionali che si sovrappongono all’ambiente circostante. Anche Google, Apple, Epson e altri colossi dell’high tech stanno sviluppando dispositivi e applicazioni per contribuire allo sviluppo della ricerca sulla Realtà Aumentata.

L’impiego di questa innovazione nel mondo del lavoro sta già portando i primi frutti, in particolare nel campo dell’architettura e del design: “si riesce a colmare il gap tra la realtà bidimensionale, quella 3D e lo spazio fisico, obiettivo base degli studi architettonici”, osserva l’architetto Greg Lynn. La Gensler, per esempio, ha utilizzato una proiezione digitale per figurare in anticipo la costruzione dei nuovi studi di Los Angeles: i suoi architetti hanno camminato in un modello 3D a grandezza naturale di quelli che sarebbero poi diventati i loro uffici, vagliando “dal vivo” la fattibilità di una serie di interventi. Lowe’s utilizza la Realtà Aumentata per aiutare i suoi acquirenti a immaginare come i mobili che stanno per comprare si adatteranno alle loro case. Altri esempi vengono dal mondo dell’industria: la GE sta sviluppando repliche digitali delle sue macchine, per permettere ai tecnici di osservarne il funzionamento da remoto e ridurre i tempi di intervento una volta in loco.

La commistione di ambiente reale e digitale semplifica la comunicazione di idee complesse, che richiedono uno sforzo d’immaginazione per essere intese, sforzo che viene alleviato dalla finzione visiva, ma non solo: lo sviluppo della Realtà Aumentata tende a liberare concretamente di una serie di dispositivi che oggi ci sembrano irrinunciabili, ma che un domani potrebbero essere superflui: “È incredibile pensare di quanti oggetti fisici ci circondiamo (smartphone, smartwatch, tablet, ecc) che in realtà potrebbero non avere alcuna fisicità” constata Mark Zuckerberg, presidente e AD di Facebook. Anche quest’azienda, leader nel mondo dei social media, sta strutturando i suoi piani di sviluppo di business adattandosi alle innovazioni nel campo dell’AR. Zuckerberg ha inaugurato, infatti, una nuova piattaforma, Camera Effect, che arricchisce la videocamera di Facebook di filtri che sovrappongono alle immagini inquadrate disegni e scritte. L’idea base è di aggiungere nuove funzioni a strumenti già in uso (come la videocamera dello smartphone o del tablet), sviluppando le tecnologie che lavorano sull’ AR. Lo step successivo sarà applicare quelle tecnologie a strumenti privi di schermo – degli occhiali, per esempio.

Nonostante i progressi raggiunti da HoloLens e la moltiplicazione di dispositivi simili di altre marche, c’è ancora molto margine di miglioramento. Il primo limite da affrontare è quello dell’ampiezza del campo visivo: per ora, infatti, gli HoloLens permettono di proiettare le immagini digitali su spazi molto limitati, mentre l’obiettivo è quello di ampliare il più possibile la visuale.

Se anche le conquiste progrediscono serrate, occorre tenere presente che un ruolo fondamentale nell’innovazione lo gioca la formazione: “il vero fattore abilitante nell’adozione di nuove tecnologie sta nel capitale umano” spiega Max Bergami, Dean di Bologna Business School. La scuola organizza master specifici su queste tematiche, rivolti a neolaureati o professionisti, per arricchire il mercato del lavoro di figure formate nei diversi campi del digital. Tra i programmi rivolti a manager e consulenti ci sono lExecutive Master in Digital Business della durata di 33 giorni, che offre una panoramica sui diversi aspetti della digital transformation, e l’Executive Master in Business Innovation Design che mira a formare uno specialista dell’innovazione, capace di creare sinergie tra i vari protagonisti dellla rivoluzione digitale.

Il programma full time che sviluppa sia competenze tecniche, sia capacità manageriali è il Master in Digital Technology Management, nelle sue tre diverse specializzazioni: Artificial Intelligence, Digital Technology Management e Cyber Security, Digital Technology Management e Digital Project Management; mentre il Master in Marketing, Communication and New Media propone un approfondimento del campo della comunicazione e dei social media.

Sviluppare un linguaggio e un pensiero capaci di comprendere e governare le innovazioni odierne significa garantirsi la facoltà di scegliere il proprio futuro.

 



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