Dialoghi. Chiara Maci

Luglio 24, 2016

Chiara Maci, Food Blogger e Consulente per aziende dell’industria alimentare, è uno dei volti più famosi in Italia legati al mondo del food & wine. Ha incontrato la Community del Master in Gestione d’Impresa agli MGIncontri.

Chiara Maci è uno dei volti più famosi in Italia legati al mondo del food & wine. Ma non si tratta di uno chef stellato. Chiara Maci è una esperta di comunicazione con una solida formazione e un’esperienza da pioniera dei blog. E sopra ogni altra cosa un’esperta attenta del mondo gastronomico.

Come si diventa “Chiara Maci”?
La mia storia professionale inizia nel 2006, con una laurea in giurisprudenza a Bologna e un master in marketing a Milano. Poi è arrivato il lavoro; prima in un’agenzia di comunicazione poi in azienda, a Sky. Dopo due anni di marketing ha vinto la passione di una vita intera per la cucina. Passione che ho ereditato dalla mia famiglia e che ho consolidato studiando da sommelier. A quel punto era tutto chiaro. Sono andata al settimo piano del palazzo dell’azienda dove lavoravo, ufficio risorse umane, e mi sono licenziata. Ho fatto una cosa che oggi può sembrare normale perché sono tanti quelli che cambiano vita repentinamente, ma nel 2009 voleva dire fare un salto nel vuoto. Dalla certezza di un impiego al nulla. Mi hanno supportato in questa scelta la fiducia nelle mie competenze nel marketing e nella comunicazione apprese studiando e lavorando.

Dove l’ha portata questo salto nel buio?
Da Milano sono tornata a vivere a Bologna con l’idea di aprire un catering. Ma la comunicazione in quegli anni stava cambiando radicalmente. Fino ad allora per me la comunicazione era quella standard: l’advertising e il below the line, i publiredazionali, gli articoli nei giornali, le pubblicità cartacee. In Italia era il periodo della nascita dei primi blog e dei siti web che raccontavano il prodotto. Mi hanno incuriosito così tanto da voler costruire un blog di cucina insieme a mia sorella. Raccontavamo soprattutto la mia vita e quella della mia famiglia, facendo quello che oggi viene definito storytelling. Allora il blog era l’unica forma di comunicazione dal basso, i social non erano ancora diffusi. Questo tipo di narrazione online piacque così tanto che venni contattata da Alce Nero che mi propose di scrivere qualcosa sulle loro marmellate biologiche. Proposi invece di visitare i campi, di incontrare i contadini per raccontare cos’era la coltivazione biologica. Avevo scelto il mio stile che non era più improntato solamente sul personaggio che associa la sua immagine al prodotto. Per me era importante essere persuasa della qualità del prodotto e fornire a chi mi leggeva un consiglio sincero. L’affezionarsi al prodotto, nel percorso di narrazione, se emerge chiaramente è quanto c’è di più convincente. Era la strada giusta, visto che a seguire mi ha contattato l’ente del trasporto del salmone stoccafisso norvegese e da lì mi sono resa conto che stavo svolgendo un lavoro.

Cosa ricorda di quei momenti?
Quando tutto è iniziato l’elemento fondamentale era la spontaneità. Sicuramente hanno giocato a favore anche la fortuna, il momento giusto, l’intuizione. La cosa che mi dicevano spesso i responsabili marketing era che parlavamo lo stesso linguaggio. Questa identità di vedute e di competenze è stata l’elemento vincente. Allora il blogger era una persona appassionata ma spesso improvvisata, senza reali competenze di comunicazione.

Ma c’è stato un periodo necessario per ingranare…
I primi due anni di blog sono stati difficilissimi perché era in atto un’esplosione di contenuti. Si parlava già molto di cucina, ma con un orientamento rivolto verso le ricette. La mia idea è stata quella di recuperare le mie radici campane e raccontare le mie esperienze personali a contatto con la cultura gastronomica del sud. Dai pranzi di famiglia della mia infanzia alle prime scoperte dei prodotti tipici, quelli comprati a cassette, direttamente dai produttori. Con queste narrazioni ho conquistato la simpatia dei lettori del sud. Poi con Bologna ho raccontato la cucina tradizionale più conosciuta e celebrata, conquistando un altro tipo di lettori. Con il nord, le città dei grandi ristoranti stellati, Milano e i suoi locali, mi sono avvicinata al pubblico appassionato di alta cucina. Ma tutto sempre con grande spontaneità, arrivando a un pubblico molto ampio e diversificato senza rendermene conto. Adesso che ho gli strumenti per conoscere bene il mio target di follower mi rendo conto che l’essere me stessa e saperlo raccontare è stata la mia più grande fortuna.

Cosa è cambiato dai tempi dei suoi primi passi mossi nel web?
Sono cambiate, e molto, le forme di comunicazione. Quando ho iniziato dal blog ci si stava spostando sui social. Ora invece il percorso è al contrario. Ora è tutto molto più veloce. Ho cominciato da un po’ di tempo a lavorare sul product placement. Un tempo era una pratica da marketing televisivo. Adesso invece funziona soprattutto sui social network, e il suo veicolo è l’influencer. E anche la tecnologia e la forma di comunicazione cambiano. Negli ultimi cinque anni ho cambiato le slides dei corsi che tengo ogni sei mesi. Una lezione fatta a gennaio è improponibile a dicembre. Siamo passati dal comunicare dal post su blog, lungo da leggere, all’immagine, molto più veloce e di impatto. Poi i video brevi, sempre più veloci, con molti contenuti compatti. E infine i post a tempo di snapchat, che sono la quintessenza della velocità. Credo che alla fine di questo iter basato sulla velocità si farà ritorno al post blog o addirittura all’articolo. Il primo lavoro, quello di Alce Nero, era composto di cinque post sulla vita nei campi del biologico. Se lo facessi oggi non li leggerebbe nessuno. Io sono cresciuta con lo spot televisivo e il publiredazionale, ora i giovanissimi hanno a che fare con una comunicazione sempre a disposizione di device, velocissima. Ma non c’è solo la tecnologia: tutto continua comunque a fondarsi su valori come credibilità e fiducia.

Cosa consiglierebbe a chi è in procinto di iniziare questa professione?
Bisognerebbe avere più concretezza e tendere maggiormente alla finalizzazione. Delle aziende si hanno in mente a volte solamente i nomi. A chi muove i primi passi viene dato solamente un budget e si richiede di fare comunicazione senza conoscere le aziende dall’interno. Una volta si doveva conoscerle dall’interno. Ora invece abbiamo uno strumento potente come i motori di ricerca che ci permettono di studiare case histories globali di successo. Scegliere un campo di azione specifico, studiarlo e presentarsi al cliente con un progetto preciso e approfondito potrebbe essere un ottimo modo per muoversi. Anche perché quasi nessuno lo fa.

 

 

 



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